di EsseVi
La buona notizia? Il teatro è vivo, e sgambetta. In quel di Finale Ligure pochi giorni fa ne ho visto la rinascita un bel teatro vivo come accadrà ad altri spettatori nella altre date, per merito di Matthias Martelli, che già avevo visto in scena ma che è riuscito comunque, nuovamente a stupirmi.
Il suo spettacolo “Suoni delle pagine” diviso in quattro atti, affronta temi lontani ma vicini, come la fame, la guerra, la carestia, corruzione della politica e persino la dipendenza dalla tecnologia.
Vi sto raccontando dell’ottima interpretazione del “Mistero Buffo” di Dario Fo e Franca Rame, caratterizzata dall’uso del grammelot, linguaggio che porta con sè il paradosso della parola che si trasforma in viso, in corpo, in persona, e non viceversa : noi siamo abituati a dare nomi alle cose, mica il contrario. E col grammelot la parola perde ogni potere, ma allo stesso tempo, avvolge tutto.
Tutto è niente, niente è tutto, tutto è incomprensibile ma tutto si comprende, in un florilegio di suoni, di versi, di onomatopee. Allo stesso tempo si potrebbe non comprendere nulla e invece, il grammelot di Martelli rompe più barriere dalla parola mentre interpreta un affamatissimo Zanni, che ripercorre Dario fo, ma che anche lo rinnova, lo riporta in auge, narrato nel modo più truculento ma anche più comico possibile. Lo Zanni affamato è la figura giullaresca che ispira le maschere più famose, come anche Pulcinella, Arlecchino, Brighella. Lo Zanni affamato nasce dalla figura chiave, base della Commedia dell’Arte, pover’uomo napoletano che non mangia mai, qui contadino del Cinquecento senza lavoro, che vive nelle valli di Bergamo e Brescia. Nonostante le contorsioni e gli sproloqui, lo Zanni di Martelli è riuscito a farmi immedesimare nell’incubo suscitato dalla mancanza di cibo, nell’incubo della costrizione a lasciare le proprie terre dovendo recarsi nelle città a fare i lavori più umili. I contadini, gli Zanni appunto, non potevano più vendere nulla di ciò che producevano perché andavano ai mercati e trovavano merce dall’oriente che costava un terzo. Le loro donne accettavano pure di prostituirsi.
Si tratta di una realtà sociale che può dirsi attuale, di un dolore pregnante che vede ancora oggi la provincia svuotarsi per fame e per mancanza di opportunità, e le grandi periferie della metropoli ingrandirsi di persone povere e disperate, non curate dallo Stato. Martelli lo commenta così, il suo Zanni, o comunque io, seduto in quella sedia, lo avverto come tale, mi accorgo dell’attualità dello Zanni di Fo e di Martelli. Questo Zanni sogna di mangiare, ma alla fine, si sveglia, e ritorna nel suo incubo reale, accontentandosi di mangiare un moscone, di tirare avanti.
Il secondo dei quattro atti tratta del Conte Ugolino, estrapolato dal canto del vate italiano, Dante, del quale Martelli fa una grande elegia. Mentre la musica del sassosofonista Mattia Basilico e del pianista Matteo Castellan scandiscono i tempi in modo perfetto, Martelli interpreta un Conte Ugolino che ci arriva con tutta la sua disperata fame e tristezza, e fame.
Ma si sa, l’arte è politica, fare teatro è politica, come anche mangiare è politica, e non può che portare alla dichiarazione, forse più importante della serata di Martelli: spenderemo il 5% di Pil in armi e perché non in arte? Quanta fame generano le armi, soprattutto a Gaza, ma non solo? Applauso.
Ma la parola, che mi ha donato la serenità interiore è forse la più bella mai inventata da Dante, che noi ci eravamo dimenticati: infuturarsi. Il teatro non è distrazione, ma è arricchimento, e Martelli ci arricchisce con un’esperienza sui generis, suscitando anche, se vogliamo, speranza.
Il terzo atto è la guerra, vista dal bambino che deve dormire, dal nostro bambino interiore forse, con Martelli che declama la “Ninna Nanna della guerra” di Trilussa, che causticamente e con molta intelligenza Martelli definisce per niente attuale, dichiarando che ai tempi di questa poesia, i politici erano corrotti e affamati di potere, “mica come oggi”. Fa venire i brividi, la multiforme ed estrema capacità di trasmettere le emozioni del Martelli, e l’attualità di una poesia risalente al 1914. Ve ne riporto una parte :
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.Chè quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.(…)
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!»
Questa ninna nanna mi ha fatto pensare ai bambini e alle bambine che patiscono le guerre decise dai potenti, e che purtroppo, al giorno d’oggi, vengono mitragliati per un sacco di farina. Mi si è spezzato il cuore al pensiero di tutti quei piccoli bambini che muoiono di fame nella Striscia di Gaza e non solo, per questioni di potere e di denaro dei quali non hanno colpa, ma anche, mi è arrivato nel cuore il pensiero ai bambini i quali non hanno colpe anche ai genitori devastano con sensi di colpe, per orgoglio e vendetta.
L’ultima parte dello spettacolo è del tutto inventata dal giocoso Martelli: è l’Ode al web, una critica sottile e gioiosa al mondo attuale, una preghiera al dio Iphone che parla di noi, troppo attaccati al venerato web e poco presenti nel mondo reale, che viene mangiato dai potenti mentre noi siamo distratti dalla disinformazione, un web che mangia noi stessi e il nostro tempo, che ci inghiotte, e che trovate nel suo libro “Il mercante di monologhi”, un libro piccino ma pieno di grande fantasia.
Lo spettacolo si chiude con un chiaro riferimento al pensiero meridiano, che fa alzare tutti quanti in una standing ovation, con la mia augusta madre ad accompagnarsmi nell’applauso, ammirato da quel tempo speso ad ascoltare e a guardare, in una piazza d’estate, Matthias Martelli.
(12 luglio 2025)
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